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ILLUMINAZIONE E RIVOLUZIONE

di JULIUS EVOLA.

Estratto da “Scritti sulla massoneria volgare speculativa”.

Edizioni Arŷa, Genova 2012.

In questa stessa sede abbiamo avuto, precedentemente, occasione di rilevare che la sovversione mondiale lavora meno con idee sue proprie e a suo modo positive, che mediante la perversione e la deformazione di principi, di idee e di simboli opposti, cioè originariamente tradizionali, completamente falsati nel loro significato. Ed abbiamo visto che non altrimenti vanno le cose nei riguardi di concetti, come quelli dell’“internazionale”, della eguaglianza, del liberalismo e dell’individualismo. Vi è in più, da rilevare, che un tale modo di procedere presenta un doppio vantaggio; mentre l’uso distorto e la contraffazione di certi principi giova direttamente alla causa della sovversione, il fatto che le corrispondenti ideologie, tuttavia, conservino nominalmente residui di quegli stessi principi, quali erano, permette un’altra manovra della guerra occulta: quella consistente nel guidare le eventuali reazioni non contro la parte guasta, ma anche, se non pure essenzialmente, contro idee tradizionali, le quali per tale via vengono messe in condizioni di non nuocere più in una eventuale ripresa da parte delle forze controrivoluzionarie. Il falso, in altri termini, in questi casi serve per guidare un colpo contro il sano e per propiziare una confusione generale in seno alla quale le forze sovvertitrici, ostacolate su di una certa direzione, troveranno facilmente una nuova via per conseguire gli stessi scopi.
 

Per indicare esempi di una tale tattica, non vi sarebbe che l’imbarazzo della scelta. Ma qui abbiamo voluto solo accennare di passata all’argomento, ed intendiamo dire qualcosa su di un punto particolare: sull’equivoco dell’“illuminismo”.
 

Nel linguaggio corrente, illuminismo appare sinonimo di razionalismo, di critica iconoclasta, di antitradizionalismo; ed è usuale connettere illuminismo a massoneria e ad ebraismo, essendo d’altronde frequente incontrare espressioni, come “illuminismo massonico” e “illuminismo ebraico”. Noi riconosciamo volentieri che per tali associazioni di idee esiste una certa base storica, che è l’azione piuttosto enigmatica, ma in ogni modo equivoca, svolta dalla setta dei cosiddetti “Illuminati di Baviera” nel diciottesimo secolo, alla vigilia della Rivoluzione francese: ma è precisamente questa azione che è importante penetrare, avendosi là un importantissimo punto di svolta in quel processo di capovolgimento e di deformazione, cui poco su si è accennato.
 

Fatto sta che il termine “illuminismo”, in sé, riporta ad un piano che nulla ha a che fare col significato successivamente assunto, e divenuto corrente, del termine. Gli “illuminati” erano coloro che avevano ricevuta l’illuminazione spirituale e che, per tale via, erano stati fatti partecipi di una conoscenza superiore, superazionale, superindividuale, trascendente le comuni facoltà umane. Era, insomma, la stessa cosa che la scolastica cattolica aveva chiamato intuitio intellectualis e che presso gli Indogermani d’Oriente aveva avuto il nome di bodhi, termine significante illuminazione, conoscenza sovrannaturale illuminata. Poiché, per la forza stessa delle cose, una tale conquista non può essere che il privilegio di pochi eletti, di poche nature superiori, così appare chiaro che la dottrina della “illuminazione” e degli “illuminati” poteva avere il suo giusto posto solo in una concezione generale aristocratica e gerarchica, lontana, dunque, di mille miglia da tutto ciò che è “rivoluzione” e antitradizione.
 

Per comprendere, tuttavia, il successivo pervertimento del concetto di illuminismo, bisogna accennare alle relazioni fra l’“illuminazione” e il “dogma”. Il dogma, come è noto, è la forma propria assunta in Occidente, nella religione cattolica, dall’insegnamento tradizionale, dovunque esso si riferisca al piano sovrannaturale: forma che, però, deve considerarsi imposta dalle circostanze, e non essenziale, in altre civiltà un tale insegnamento avendo anche trovato altre forme di espressione. La circostanza speciale che ha portato, in Occidente, alla forma “dogmatica” devesi vedere in una certa degradazione intellettuale dell’uomo europeo più recente e in una sua spiccata propensione per l’individualismo e l’anarchismo intellettuale. Perché una determinata conoscenza, trascendente ormai i limiti della comune capacità d’intelletto, fosse rispettata e conservata fuori di ogni possibile attacco dei singoli, non vi era altro modo che darla in forma di “dogma”. Giustamente scrive il Guénon: “Vi sono delle persone che, per non divagare, nel senso etimologico della parola, hanno bisogno di essere tenute strettamente in tutela, mentre altre non ne hanno alcun bisogno; il dogma è necessario solo per le prime, e non per le seconde, allo stesso modo che — per prendere un altro esempio di carattere un po’ diverso — l’interdizione delle immagini è necessaria solo per quei popoli che, per via delle loro tendenze naturali, sono portati ad un certo antropomorfismo”.(1)
 


NOTE

1) Brano tratto da: R. GUÉNON, Iniziazione e realizzazione spirituale, tr. ital. Edizioni Studi Tradizionali, Torino 1967, p.149 [n.d.c.].

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