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Il popolo di Marte: la guerra e il sacro.

di GENNARO D’UVA.
Da “Della Tradizione Romana”, in “Arthos”. 
N° 28 (LXII) del 2019, estratto: pp. 168/169.
Edizioni Arŷa, Genova.

Il nucleo primigenio e la primordialità ancestrale del sacrum italico-romano, come pure, in essenza, l’aspetto più interno e fondante della successiva Tradizione romana, sono esemplarmente espressi in alcuni versi dell’Eneide virgiliana, ove l’ombra di Ettore affidata ad Enea, in una trasmissione forse non solo puramente simbolica, gli Dei Penati e il Fuoco, cioè quegli stessi sacra, di evidente origine italica, che Dardano aveva portato, partendo “Corythi tyrrena ab sede” (Aen. VII, 209), prima a Samotracia e poi a Troia: “Le cose sacre (sacra), i Penati, a te Troia confida: / prendili compagni del fato (fatorum comites), cerca per loro le mura, / che un giorno alzerai, grandi, dopo aver corso il mare. / Disse così: e sulle mani le bende e Vesta potente (vittas Vestamque potentem) / e il fuoco eterno (aeternum queignem) fuori dei sacri recessi portava” (Aen. II, 293–297; tr. di R. Calzecchi Onesti).

Dei Penati e Fuoco di Vesta, dunque. Il Fuoco è certo ai Penati intimamente connesso, secondo anche quanto ci tramanda Macrobio: “[…] Vesta […], come è evidente, fa parte dei Penati o per lo meno è loro compagna, tanto è vero che sia i consoli e i pretori sia i dittatori, quando entrano in carica, celebrano a Lavinio il sacrificio ai Penati e parimenti a Vesta” (MACR., Sat. III, 4, 11; tr. di N. Marinone). Non si deve dimenticare, infatti, che se, da un lato, Lavinio, “la civitas religiosa’’ per eccellenza ancora per Simmaco (Epist. I, 71), fu considerata dai Romani sede dei “sacra principia populi Romani Quiritium nominsque Latini”, come recita il testo di un’iscrizione magistratuale dell’età di Claudio (CIL. X, 797), dall’altro, tornando a Penati e Fuoco, Virgilio, in Aen. I, 704, nomina gli Dei Penates in luogo di focus, mentre Servio puntualmente precisa che “ara deorum Penatium est focus” (ad Aen. XI, 211).

Penati, Fuoco e Vesta, proprio quelli di Dardano e di Ettore, sono del resto a Lavinio (i cui rapporti con Roma sono molto più complessi di quanto apparentemente sembri) strettamente collegati, poiché proprio dalla città fondata per tradizione da Enea vengono i Penati del Popolo romano, nei termini definiti dal sapiente Varrone, secondo cui: “Oppidum quod primum conditam in Latio stirpis Romanae, Lavinium: namibi dei Penates nostri” (de l, Lat. V, 144). …

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