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DE MAISTRE E LA MASSONERIA

di JULIUS EVOLA.

Estratto da “Scritti sulla massoneria volgare speculativa”.
Edizioni Arŷa, Genova 2012. 

In margine all’ampia discussione che su queste stesse colonne ha avuto luogo a suo tempo circa il significato e l’attualità delle teorie di J. de Maistre, vi e chi ha rilevato il fatto che questo pensatore savoiardo era un massone. Se ci si attiene ai criteri di misura di oggi la cosa sembra paradossale, scandalosa. Infatti, si potrebbe forse concepire un contrasto maggiore di quello fra la religione laica della democrazia, di cui la massoneria attuale è la banditrice, e l’intransigente teoria dell’autorità e del potere dall’alto affermata da De Maistre sia dell’ordine temporale e politico che di quello spirituale?
 

De Maistre era effettivamente massone. Apparteneva alla Loggia “La parfaite Sincérité” di Chambéry del Regime scozzese rettificato col nome di “Eques a floribus”. Ma devesi rilevare che massone fu anche Federico il Grande, che lo furono numerosi principi inglesi di sangue reale e che in certe circostanze la Chiesa accusò di massoneria personalità assai vicine a Metternich, la bestia nera dei liberali e dei democratici del tempo. Come dunque si spiega tutto ciò?
 

Un cenno, sia pure rapidissimo, sul soggetto non sarà privo di interesse, perché tocca il problema complesso e raramente approfondito della storia interna e dell’essenza della massoneria.
 

Non solo gli avversari della massoneria, ma anche molti massoni questo problema lo ignorano, credendo che la massoneria sia sempre stata ciò che oggi è. In particolare, credono che le origini concrete della massoneria risalgano al 1717, anno nel quale si costituí la Gran Loggia di Londra. Le cose stanno in modo molto diverso. La massoneria preesistette a tale data, che non fu quella della nascita, ma piuttosto quella di una crisi profonda e di una specie di inversione di polarità di una precedente tradizione.
 

Ciò che a partir da quel periodo si organizzò e si diffuse in modo sempre più preciso fu la cosiddetta “massoneria speculativa”, cioè ideologica, la quale negli stessi ambienti massonici di oggi vien contrapposta alla “massoneria operativa”. Dire circa l’essenza di quest’ultima in poche parole adatte ad un articolo da giornale non è agevole. Nell’interpretazione più superficiale, profana e sviata la massoneria operativa sarebbe stata quella delle corporazioni di veri massoni e costruttori cui si aggregarono elementi varii: operativa, dunque, perché si dava ad opere reali, materiali di costruzione. Ora, non v’è dubbio che la massoneria premoderna sia stata in stretta relazione con tradizioni corporative del genere, risalenti al Medioevo ed ancor più oltre. Ma il fatto è che a queste era anche propria una tradizione spirituale segreta, basata su di una trasposizione simbolica dei principii e delle operazioni dell’arte del costruire. La costruzione materiale diveniva cioé un’allegoria per un’opera creativa interna, il tempio esteriore per quello interiore; la pietra grezza da squadrare era la volgare individualità umana da rettificare finché fosse adatta per l’opus transformationis, cioé per un superamento della caducità umana e per la partecipazione ad una realtà trascendente, i gradi della quale corrispondevano a quelli originari della gerarchia della “massoneria operativa” e non ancora speculativa.
 

In organizzazioni ove l’“arte” e l’“operatività” avevano avuto questo significato, non avendo nulla a che fare col piano politico e sociale, nel periodo fra la fine del Seicento e il principio del Settecento deve essersi realizzato un processo di degenerescenza il quale permise l’azione di influenze oscure e l’infiltrazione di elementi che andarono gradatamente a controllare quelle organizzazioni infondendo ad esse un diverso spirito, portandone l’azione sul piano ideologico e rivoluzionario e asservendole ai loro fini. Un punto di svolta in tale processo fu costituito appunto dalla creazione della Gran Loggia di Londra, con la quale nacque effettivamente ciò che, in genere, oggi si conosce come massoneria, ma che rappresenta una involuzione, anzi una specie di sinistra inversione della precedente massoneria operativa. Ciò come accenno.
 

Ancor poco prima di quella data in alcune costituzioni massoniche era statuito l’obbligo di fedeltà dei membri non solo ai Sovrani e alle leggi del loro paese ma anche alla stessa Chiesa cattolica. Il più aspro contrasto con ciò doveva costituirlo quel grado della successiva massoneria in cui il neofita, per consacrare con un atto rituale il suo impegno di combattere la “doppia tirannide” (cioé il principio di autorità sia nel campo politico che in quello religioso), deve colpire con un pugnale la Tiara e la Corona.
 

Ma il processo di degenerescenza e di inversione, di cui si è detto, fu graduale e non generale. Così è certo che ancor al tempo di De Maistre esistevano logge che da esso erano state risparmiate e che conservavano ancora in parte delle vestigia della precedente tradizione spirituale (dovremmo dire, se ci si comprendesse, “iniziatica” o “esoterica”): tradizione, che nella sua essenza non è in antitesi con la dottrina antirivoluzionaria di De Maistre e coi suoi principii di autorità, ma ne costituisce anzi il naturale complemento.

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