DELLA MASSONERIA TESTIMONIALE
(parte 2)
di CRISTOFARO SOLA.
Estratto da “Scritti sulla massoneria volgare speculativa”.
di JULIUS EVOLA.
Edizioni Arŷa, Genova 2012.
La seconda direttrice di marcia attiene a un’inversione di rotta dell’istituzione sulla questione dell’anticlericalismo. In effetti, la revisione dei rapporti con la Chiesa si impone alla strategia della nuova Massoneria, perché si lega al mutamento della componente sociale di provenienza dei propri iscritti. La Massoneria speculativa, soprattutto quella ottocentesca e del primo Novecento, si reggeva sul ruolo attivo di soggetti provenienti dalla borghesia intellettuale e produttiva, figlia, a sua volta, dell’illuminismo, la cui cifra distintiva era data da un convinto anticlericalismo. I Massoni, tanto quelli della fase preunitaria risorgimentale, che quelli dell’Italia post-unitaria, avvertivano la presenza ecclesiastica nella vita civile della nazione come l’azione di un nemico da combattere o, quanto meno, da contenere, aumentando progressivamente il grado di laicizzazione dello Stato nei suoi istituti fondamentali, in particolare nel campo dell’istruzione e della cultura. Non è un caso se, nella seconda metà del XIX secolo, la componente laico massonica abbia eretto monumenti ai propri martiri caduti per mano della Chiesa di Roma, non soltanto per rivendicare una storia di lotta identitaria contro il simbolo vivente del dogmatismo religioso, ma anche per ribadire il rifiuto della mediazione col divino, riconosciuta dal mondo profano esclusivo appannaggio delle gerarchie ecclesiastiche.
Nel secondo dopoguerra, allorquando inizia il processo che porterà al tramonto della massoneria speculativa, si fa strada nelle logge una componente piccolo borghese, di matrice cattolica e in prevalenza osservante, che pone la questione della compatibilità tra il desiderio di appartenenza alla comunione iniziatica e, allo stesso tempo, la volontà di restare nell’alveo della tradizione religiosa del proprio contesto sociale-familiare di provenienza. Per queste ragioni, la vis polemica, ancora accesa nell’immediato dopoguerra, viene gradualmente stemperata, fino a raggiungere, alla fine degli anni ′60, al tentativo di aprire canali di dialogo con il mondo della Chiesa postconciliare. Tentativo favorito dal messaggio contenuto nella Costituzione Pastorale di Paolo VI, Gaudium et Spes, dove si legge: “Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini (…) Il rispetto e l’amore deve estendersi pure a coloro che pensano ed operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vivere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo”. Lo scopo è di riconoscere tra le due Famiglie, quella massonica e quella cattolica, la possibilità di una riconciliazione, in nome dei comuni valori etici fondanti la dignità della persona. Il proponimento è rinnovato anche negli anni successivi, alla luce dello sviluppo delle posizioni d’apertura al sociale assunte dalla Chiesa durante il pontificato di Giovanni Paolo II. In particolare, l’illusione è data da una ottimistica lettura delle parole dell’enciclica Redemptor Hominis, che auspicano l’incontro della Chiesa con altre realtà sul terreno concreto della fratellanza universale, liberata da barriere e da veti aprioristici. L’enciclica, inoltre, sollecita un sentimento di profonda stima per “ciò che c’è” in ognuno, sostenuto dalla Spirito che “soffia dove vuole”. Alcuni pontieri fautori del dialogo, nonostante fosse radicata nel corpo della Cattolicità, e mai davvero rimossa, l’idea di vedere nella Massoneria una sorta di chiesa dell’anticristo, hanno tentato una forzatura interpretativa stabilendo un elementare sillogismo: se la Chiesa si apre a chi vivendo secondo determinati disegni non ne conosce l’Autore, o anche a che manifestamente avversa l’idea che si possa attribuire ruolo a quell’Autore, a maggior ragione essa dovrà conciliarsi con coloro, come i massoni, che a quell’Autore credono e ne condividono i piani. I gesuiti Josè Ferrer Banimeli e Giovanni Caprile giungono in una loro pubblicazione a sostenere che: “anche i massoni si propongono di cercare il bene e il progresso dell’uomo! Se gli uni e gli altri siamo sinceri in tale ricerca, non potremo non incontrarci. E allora non sarà la vittoria dell’uno né l’umiliazione dell’altro (…) In questo spirito di concordia, ritrovandoci nell’Uomo-Dio, potremo veramente sperare di ridurre all’uomo d’oggi la gioia di ritrovare la parola perduta”.
La massoneria, per sua parte, ha compiuto alcuni passi nella direzione nella direzione di un’etica del tutto aderente alla Morale Cristiana. Sebbene non espressa come posizione ufficiale della Comunione massonica, è significativo che nel dibattito interno si parli della vita come dono indisponibile e come bene comune da tutelare, la cui difesa è dovere incondizionato per l’individuo che ne è portatore e per la società, per la quale essa rappresenta un valore gerarchicamente superiore.
In realtà poi le cose sono andate diversamente, nel senso che una Declaratio sulla massoneria dell’allora cardinale J. Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, nella qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, ha ribadito che il giudizio della Chiesa sulla Massoneria resta negativo, perché i principi professati dalla Libera Muratoria sono inconciliabili con la Dottrina della Chiesa.