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L’AVVENTO MITICO DEL PATRIARCATO

di ROSANNA PERUZZO.

Estratto da “La Dea volta al maschile”.
Edizioni Arŷa, Genova 2014. 

È stato già detto che nella religione greca e anche in quella romana, Zeus-Iuppiter, padre degli Dèi e degli uomini e di tutte le cose, principio e fine di esse, non è divinità che si rapporti alla cosmogonia. Di fronte ad un universo, di cui egli non è autore, risulta anzi ben più giovane.
 

Sorprendentemente i suoi figli: Atena, Efesto, Dioniso, Ercole ed Era stessa, sua moglie, furono molto più antichi del padre Zeus; situazione attestata da testimonianze e natura di culto. E che dire di Hermes, che fin dalla nascita mantiene un volto vecchio di millenaria malizia, lui lo scaltro Cabiro, il misterioso Cadmillus dei Pelasgi? È che Zeus “arrivato al potere, divorò – per usare un linguaggio mitico – i Titani, incluso se stesso nella forma più antica”. Racconta Calasso: “Notte gli aveva consigliato di inghiottire Fanes, il Protogonos, il primo nato ed inghiottire poi anche gli dèi e le dee che erano nati da lui e l’universo. Nel ventre di Zeus si ritrovò tutto ciò che era stato e ciò che sarebbe stato. Allora soltanto Zeus, che era stato un figlio di Titano come tanti altri, diventò l’inizio, il mezzo, la fine. Era maschio ed anche ninfa immortale”. L’operazione richiese il ricorso alla magia e per riuscirvi, Zeus legò il tutto con una catena aurea, invisibile alla luce: solo lui restò libero.
 

Dura catena e Prometeo, il titano oscuro e ribelle, dio esso stesso alle origini dei tempi, non la seppe mai sopportare. Fidia rese bene questo concetto di onnivora fagocitazione, nella sua celebre statua di Zeus, distrutta in un incendio nel palazzo imperiale di Bisanzio nel V secolo. Lo Zeus di Fidia era più vicino a un dolmen o a un betilo, pietra caduta dal cielo, su cui si fossero aggrappati per vivere, gli altri dèi ed eroi. Ma Zeus aveva spinto la sua brama di potere oltre: aveva già divorato la sua prima moglie Metis (“accorto meditare prima di agire”, sconosciuto ai guerrieri, pronti nell’azione). Metis era incinta, vuoi di Zeus vuoi del gigante Pallante. La figlia concepita da Zeus che ne aveva divorato l’embrione, nacque con l’intervento di un’ascia, arcaica simbologia di un potere appartenuto alla Grande Madre.
 

La dea aveva vietato a mani maschili perfino di toccare lo strumento. Il potere era passato attraverso il tradimento di Efesto o Prometeo al dio dell’Olimpo. Così Atena poté forgiarsi alla luce del padre, deponendo le sue caratteristiche lunari, come un liquido passato attraverso il corpo-alambicco del sacro padre: a Rodi si diceva che una pioggia d’oro cadde sull’isola alla sua nascita ed ella, da argentea, fu detta Chryse (“l’aurea”). Attraverso l’egida-Gorgone, divenuta replica al femminile di Zeus folgoratore.

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