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EVOLA E LA MASSONERIA. UN INCONTRO POSSIBILE?

di CRISTOFARO SOLA.
Estratto da “Scritti sulla massoneria volgare speculativa”.
Edizioni Arŷa, Genova 2012.

Lo studio della Massoneria offre innumerevoli spunti di riflessione e di confronto per coloro che desiderano cimentarsi su sentieri scivolosi e l’opera di Evola si presta più di altre alla complessità della valutazione critica. Per la maggior parte dei sostenitori delle sue tesi, soprattutto se traslate nei domini della storia, la pratica potrebbe essere frettolosamente archiviata con un’inappellabile sentenza: Evola fu ferocemente contrario alla Massoneria, perché da lui ritenuta micidiale strumento della sovversione mondiale, nonché attrice di un complotto antitradizionale, orchestrato su scala planetaria in concorso con altre forze occulte.
 

Dalla parte, invece, degli studiosi di cose massoniche il giudizio sulla figura di Evola, e sulle sue posizioni nei riguardi della Massoneria, è stato piuttosto contraddittorio e con tale varietà di accenti da indurre a ritenere che la questione, lungi dall’essere definita in modo esaustivo, sia ancora sul tappeto e solleciti un maggiore approfondimento. Uno storico apprezzato negli ambienti massonici ha gratificato Evola con l’appellativo di “grande iniziato”.(1) In uno studio, invece, sull’esoterismo nella Massoneria antica, Evola viene genericamente indicato tra gli “esoteristi” fautori “della teoria del SuperUomo e delle teorie razziste”.(2)
 

Ancora, in una puntuale ricostruzione delle radici della realtà massonica,(3) che ha fatto testo per una intera generazione di iniziati alla Libera Muratoria, Evola viene richiamato per la riflessione che affronta nel suo Metafisica del Sesso, sul tema della hybris dei Titani e dei Giganti, inquadrato nel più ampio contesto del mito prometeico e della promessa di divenire simili agli déi. Ma molti altri potrebbero essere gli esempi di citazioni e richiami, sia in chiave positiva sia negativa, all’opera di Evola sulle questioni di cui la Massoneria si è occupata come proprio patrimonio ideale, nonché sulla stessa ragion d’essere dell’istituzione massonica nella storia dell’umanità. Certamente, tanta attenzione si deve al fatto che Evola abbia attivamente collaborato, all’inizio del Novecento, a prestigiose riviste di studi iniziatici, quali furono prima Atanòr e poi Ignis, a fianco di personalità massoniche di indubbio spessore intellettuale come Arturo Reghini e Rocco Amedeo Armentano, con i quali aveva condiviso l’approccio critico e rigoroso alla trattazione delle discipline esoteriche. Quello stesso approccio che è stato la cifra distintiva dell’esperienza fatta da Evola con la costituzione del gruppo di Ur, alla fine degli anni Venti dello scorso secolo. In realtà, quel tentativo, sfociato in un prezioso lascito letterario, non poteva non attrarre l’interesse della parte massonica più attenta alla difesa dei valori tradizionali presenti nel patrimonio genetico dell’istituzione, che perfettamente aderiva alla premessa su cui prendeva vita il gruppo di Ur. Evola, in un altro suo scritto, ne ricostruisce la genesi: “Nell’introduzione, come punto di partenza veniva posto ancor una volta il problema esistenziale dell’Io, la crisi di chi non crede più ai valori correnti e a tutto ciò che dà abitualmente, sul piano sia intellettuale, sia pratico, sia umano, un senso dell’esistenza”.(4) Altro aspetto non trascurabile è rappresentato dal rapporto intenso e sostanziale che Evola ha avuto con le tesi espresse da René Guénon, in particolare riguardo alla concezione ciclica del tempo e delle quattro età, e – più in generale – alla dimensione spirituale e tradizionale della condizione del risvegliato. Ma vi è dell’altro, che valica l’angusto confine del semplice interesse intellettuale per l’opera letteraria. Evola, piaccia o meno, ha dato voce alla coscienza critica di molti seguaci delle dottrine iniziatiche, e tra costoro certamente anche tanti liberi muratori, spiegando a chiare lettere che la contrapposizione di carattere metafisico tra “mondo della Tradizione” e “mondo moderno” esiste e non può essere superata saltellando un po’ da una parte e un po’ dall’altra, o, peggio, riconfigurando un modello esistenziale su ciò che dei due mondi risulta più conveniente recuperare.
 

Evola pone all’iniziato una scelta di campo per la realizzazione spirituale che escluda compromessi tra i valori perenni della Tradizione, strutturata nelle architetture dei suoi miti e i disvalori della contingenza dei tempi storici. Ma l’altezza del suo pensiero incrocia un limite oggettivo di cui si deve tenere conto. Come ben spiega Marcello Veneziani, in una pubblicazione dedicata a una riflessione sul Novecento,(5) la frattura insanabile tra reale e ideale rischia di tagliare la strada a ogni tentativo che l’iniziato ha il dovere di compiere per arrestare la corsa della civiltà verso il punto di non ritorno dell’autoannientamento, senza per questo mettere in discussione la valenza metafisica di un disegno sovraordinato alla stessa volontà umana.
 

Sostiene Veneziani che “La vera insidia è a valle, dopo che Evola ha indicato il Mondo della tradizione, dopo che ha radicalizzato la sua rivolta contro il mondo moderno. Il vero pericolo, e la vera contraddizione, è il solipsismo, la solitudine del pensiero cui sono destinati i seguaci di una Tradizione senza Templi né realtà viventi”.(6) Una Traditio sine tradere, una Tradizione senza continuità. L’analisi di Veneziani, dunque, spalanca al nostro quesito le porte della soluzione. La Massoneria, in quanto categoria concettuale di un soggetto reale, non è λόγος ma solo τόπος, cioè essa non è depositaria di una capacità producente un pensiero unico che ne rappresenti l’idea guida, il principio ispiratore, una weltanschauung a cui votare le azioni dei suoi membri, trascendendo dai contesti di spazio e di tempo che delimitano il perimetro dell’agire delle organizzazioni umane. Essa, più propriamente, è stata ed è il luogo entro il quale uomini, diversamente formati e motivati, hanno dato corso alle loro aspirazioni, ai loro progetti, alle loro visioni del mondo e del futuro dell’umanità, servendosi di codici comunicativi la cui efficacia è stata temperata dalla storia. Da ciò ne consegue la possibilità che, ancora una volta, possa essere la Massoneria l’habitat nel quale la Tradizione riacquisti la sua forma visibile. E seppure non sia nelle disponibilità dell’umano invertire la rotta della storia a proprio piacimento, resta di fondamentale importanza che la fiaccola della Tradizione sia tenuta in vita e alimentata. Su questo terreno si potrebbe realizzare l’incontro tra la visione evoliana del sovraumano e il mezzo di trasmissione, la Massoneria, mediante il quale collegare ciò che è in origine con il reale vissuto, non senza aver prima fatto chiarezza, con il sostegno dell’analisi critica dello stesso Evola, sulla natura e sugli ulteriori scopi dell’istituzione a cui si intende affidare la “missione”.
 

La modalità di trasmissione per via iniziatica di una conoscenza del sacro, la quale abbatte i confini della dimensione mortale, sostenuta e veicolata da un complesso impianto simbologico, diviene la cifra identificativa della confraternita, che si sviluppa in un arco temporale definito dalle datazioni dei documenti rinvenuti.(7)
 

Si potrebbe affermare che la Tradizione Primordiale, misconoscendo ogni fondamento alla logica evolutiva del divenire dell’uomo, narrata attraverso il racconto della progressione materiale della sua condizione, ad un certo punto sceglie, per collocarsi nel tempo finito di una porzione del mondo fisico, la regola dell’Arte muratoria, onde non precludere ai “qualificati”(8) il passaggio che collega le due nature: mortale, propria del piano dell’umano, e immortale, espressione del divino. Questa interpretazione non intende contrastare le tesi, che in verità non suscitano significative suggestioni, di quanti fanno risalire la nascita della Massoneria alla notte dei tempi, ricollegando i suoi rituali a quelli delle iniziazioni orfiche, mitraiche, eleusine, esseniche e degli antichi ordini iniziatici diffusi su scala planetaria. Semplicemente, essa mira a fissare il principio in base al quale la Tradizione, facendo incursione dal piano metafisico nel tempo storico della civiltà umana, interviene a permeare dei suoi contenuti un’organizzazione di mestiere. La trasformazione che si produce non attiene alla struttura (il Tempio), ma al cantiere in cui è in corso l’edificazione del manufatto. Le regole costruttive applicate richiamano l’allegoria di un centro spirituale derivato, dal quale passa il contenuto tradizionale della trasmissione iniziatica. In tale scenario, le sembianze profane dei costruttori di edifici sacri celano la natura élitaria di una confraternita i cui adepti sono, ciascuno, portatori di un segreto di natura soprannaturale, inesprimibile e, perciò, incomunicabile.
 

Quindi, per una collocazione storica certa della Massoneria Antica, si fa riferimento alla vita delle corporazioni dei liberi muratori che hanno agito lungo tutto l’arco del Medioevo, fino alle soglie del XVIII secolo, tempo nel quale si verifica una profonda deviazione, definita da Evola inversione di polarità dallo spirito originario, che ne era il presupposto fondante. In quella circostanza, si produce una sincope del carattere iniziatico e tradizionale a vantaggio di qualcosa d’altro a cui è opportuno accennare, giacché è su questo nuovo soggetto che si abbatte la critica intransigente dell’opera letteraria di Evola. In effetti, la fase della degenerescenza che colpisce la primitiva organizzazione iniziatica operativa è propriamente un processo di graduale contaminazione delle strutture esistenti, che culmina nel 1717, anno della costituzione della Gran Loggia di Londra, con la ufficializzazione di una diversa organizzazione, definita “Massoneria speculativa”.
 

Ma quella del 1717 non è l’unica rottura che interviene a modificare in modo sostanziale ciò che oggi si direbbe la “mission” dell’organizzazione iniziatica. L’idea di Massoneria speculativa finisce col perdere gradatamente l’impulso iniziale, per vivere una lunga fase di declino a cui farà seguito, negli ultimi decenni dello scorso secolo, la nascita di un’altra Massoneria, che potrebbe essere definita – in ragione della sua particolare natura – “testimoniale”. Essa è ancora altra cosa, sia rispetto alla Massoneria speculativa, di cui è tributaria, sia rispetto alla Massoneria operativa, anche se di entrambe ha inteso conservare alcuni aspetti attinenti, prevalentemente, alle forme organizzative. Il riconoscimento di una netta separazione tra organizzazioni affatto diversissime, sorte e sviluppatesi in differenti contesti temporali, benché identificate e appellate con la medesima denominazione, è l’implicita risposta in senso negativo al secondo quesito proposto: la Massoneria ha sempre perseguito gli stessi fini con eguali mezzi?
 

È di tutta evidenza che – per gli esiti storici – così non sia stato. Per questa ragione, sarebbe sensato, come d’altronde accade in altre branche della Conoscenza, che si parlasse non già di Massoneria, intendendo con essa un’unica entità concettuale omogenea nei contenuti e uniforme nella prassi, ma più propriamente di Massonerie, distinte tra di loro per finalità perseguite, per mezzi impiegati e per presupposti costitutivi riconosciuti: tradizionali/operativi la prima, etici/ideologici la seconda, relazionali/testimoniali la terza. La difficoltà maggiore, che ha impedito si facesse necessaria chiarezza sulle palmari diversità dei tre tipi di organizzazione, è determinata dalla confusione generata, nel tempo, dalla contaminazione delle ultime due, avvenuta mutuando acriticamente dalla prima, più antica, forme rituali, suggestioni intellettuali, evocazioni spirituali.
 

La critica alla Massoneria speculativa, condivisa dal Guénon, reca l’accusa di pervertimento delle antiche vestigia iniziatiche, trasformate in sovrastruttura rituale. Essa, però, non è più severa dell’accusa che lo stesso Evola rivolge alla Massoneria operativa, di non aver contrastato a dovere quella degenerescenza al suo insorgere e di non aver prodotto “una qualsiasi azione (…) per diffidare e sconfessare l’altra, per condannarne l’attività politico-sociale e per impedire che, dappertutto, essa valesse propriamente e ufficialmente come Massoneria”. Evola non prende in esame l’ulteriore passaggio alla Massoneria testimoniale, perché esso si è prodotto dopo la sua morte, tuttavia, non è azzardato pensare che, se ne avesse avuto contezza, avrebbe elaborato una critica ancora più intransigente.



NOTE

1) Aldo A. Mola, in Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri, pag. 591, Ed Bompiani, Milano 1982.

2) Eugenio Bonvicini, Esoterismo nella Massoneria Antica, vol. I, pag.35, Ed. Atanor, Roma 1993.

3) Ruggiero di Castiglione, Corpus Massonicum, pag.135, Ed. Atanòr, Roma 1984.

4) J. Evola, Il Cammino del Cinabro, Op. Cit., pag.83.

5) Marcello Veneziani, L’Antinovecento. Il sale di fine millennio. Ed. Mondadori, Milano 1996.

6) M. Veneziani, Op. Cit., pag.65.

7) Un editto del Re Rotari, longobardo, del 22 novembre 643, menziona i maestri comacini, anch’essi possessori dei segreti dell’arte edile. La corporazione comacina, per struttura e organizzazione, è riconducibile alla tradizione dei Collegia fabrorum dell’antica Roma, dove l’Arte, fatta di regole matematiche e geometriche, insieme a una “religio” per i misteri in essa contenuti, veniva trasmessa in forma di insegnamento a porte chiuse. Sul punto, vedi A. Zucco, I Landmarks, cap.II/III, Ed. Atanor, Roma 1986.

8) Quello delle qualificazioni iniziatiche è uno dei punti di assonanza tra il pensiero di Guénon ed Evola, a proposito di organizzazioni tradizionali. Per entrambi, infatti, il presupposto al lavoro di realizzazione iniziatica è dato dalla verifica dell’attitudine individuale ad accedere all’iniziazione. Essa non può essere riconosciuta a tutti, indistintamente, e giacché tale attitudine è fattore di per sé caratterizzante una specifica natura individuale, ne consegue che si debba parlare di élite nella categorizzazione di tali speciali soggetti. La prima qualificazione attiene all’integrità del corpo fisico. Nella prospettazione guénoniana vi è un diretto collegamento tra l’incapacità a svolgere, causa infermità permanenti o mutilazioni, compiti operativi e la dinamica dello sforzo costruttivo del libero muratore. Dal momento ché la costruzione del Tempio, come spiega Evola (“Il Mistero del Graal”), è sinonimo della realizzazione della Grande Opera della Tradizione Ermetica, per una sorta di proprietà transitiva, si assume che il soggetto inabilitato fisicamente non possa essere parte agente in tale processo. La seconda qualificazione attiene al possesso di quello che il Gué-non definisce l’estensione di orizzonte intellettuale (“Considerazioni sulla via Iniziatica”), propedeutico allo sviluppo delle capacità che consentiranno all’iniziando di recepire le influenze spirituali e di addentrarsi sui sentieri misteriosi che lo attendono alla “rinascita”. A queste primarie qualificazioni, Evola aggiunge il riscontro della presenza di una precisa aspirazione a ricevere “influenze spirituali” che provengono dal soprannaturale e che egli chiama “vocazione” (“Sui limiti della “regolarità iniziatica”). Guénon associa alle fondamentali altre qualificazioni cosiddette complementari, perché riconducibili alle condizioni di contesto, come, ad esempio, l’appartenenza di genere. È noto che nell’antichità vi furono forme d’iniziazione esclusivamente femminili, così come attualmente, nella tradizione occidentale, si conoscono organizzazioni iniziatiche che non praticano differenza di genere. Le qualificazioni iniziatiche rappresentano, per la dottrina massonica, un Landmark, cioè un elemento costitutivo, la cui soppressione o negligenza, sostiene il Guénon, “rischierebbe di condurre ad una vera nullità iniziatica”.

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